martedì, gennaio 09, 2007

Un acquerello nella pioggia - Capitolo 2

Martedì prossimo sono esattamente cinque anni, che lavoro in qualità di addetto alla vendita al “Notorious”, quasi certamente il più importante negozio di Dvd di tutta la città, ma nonostante la quotidianità ed il continuo ripetersi delle giornate, posso affermare senza alcuna ombra di dubbio, che adoro il mio lavoro,… lo amo anche quando i clienti più bizzarri si presentano due minuti prima dell’orario di chiusura, con le richieste più stravaganti.

Quella sera avevo appena terminato di sistemare l’esposizione del catalogo e rimesso a nuovo lo scaffale delle “offerte speciali”, quando entrò un cliente, un signore di mezza età, brizzolato, con un giaccone scamosciato.
“Posso esserle utile?”, domandai con voce decisa, ma gentile.
Con un’espressione a metà tra il sorpreso e l’eppur mi sembrava di aver parcheggiato qui, mi rispose: “No, grazie!”
Al suo rifiuto, ripresi il mio lavoro da dove lo avevo lasciato, ma non passarono tre ticchettii di orologio, che mi chiese: “Sa mica, dove trovo Beethoven?”
“Dovrebbe trovarlo nel catalogo, su quel ripiano, sotto la lettera “B”,… se non ricordo male dovrei avere ancora qualche copia”, risposi in modo garbato, ignorando il fatto che girandosi verso lo scaffale, non si soffermò nemmeno per ringraziarmi.
Avevo passato una giornata molto faticosa ed era tempo di chiudere baracca e burattini, ma malgrado ciò, non era mia intenzione apparire scortese nei confronti di quell’ultimo cliente, che per qualche assurda ragione mi ricordava il commissario Winchester, de “I Simpson”.
Ad un certo punto, bofonchiò qualcosa, …penso in lingua Klingon.
“Scusi?”, domandai io, non comprendendolo.
“Capo, non lo trovo”, disse il cliente.
Avvicinandomi allo scaffale e mantenendo la mia solita spigliatezza, notai con disappunto che lo stava cercando nel posto sbagliato.
“Eccolo, …mi ricordavo bene”, dissi quasi ironicamente a quel signore, porgendogli in mano la confezione del Dvd di Beethoven.
Fu a quel punto che notai la tipica espressione “Amico, …non hai capito un cazzo!” stampata sul viso del cliente.
“No, …non ha capito, io cerco Beethoven, …quello che suona, ha capito, …non il cane.”, mi rimproverò il signore.
Nel corso degli anni, per il ben dell’intelletto avevo accresciuto una capacità di sopportazione “formato Gandhi” e l’accettazione del fatto che, nessuno è perfetto, nemmeno un perfetto imbecille.
Pregai.
Pregai, per non farmi cadere le braccia.
“Sono spiacente, ma noi vendiamo solo Dvd”.
“Non ha qualche, …insomma,… ha capito quello che voglio,…” disse lui, squadrandomi dall’alto verso il basso e poi nuovamente verso l’alto.
“Veramente, no”.
“Allora”, disse un po’ spazientito, ”…non ha qualche “Devidè” di Beethoven? Il pianista.”
Attesi un attimo prima di rispondere, …poi guardandolo dritto negli occhi, risposi beffardamente: “Suppongo proprio di no, però provi a chiedere al Discobolo, quel bellissimo negozio che c’è al quarto piano, …se è fortunato è ancora aperto”
Il signore mi fissò, con un'espressione strabuzzata, …come se contemplasse un cartello della metropolitana scritto in polacco, …ma per mia fortuna si congedò con un: “Vabbuò, …grazie capo, e buonasera”.

Al mio vecchio orologio al quarzo erano le nove di sera passate ormai da un pezzo e avevo una fame assassina che mi sarei mangiato anche la frutta di cera.
Spensi le luci con l’aria di chi stesse progettando di evadere da Alcatraz, …poi, con tre giri al lucchetto chiusi a chiave la serranda del negozio, mi sistemai lo zaino sulle spalle e uscii dal centro commerciale.
Dirigendomi verso l’uscita, spinto di sicuro dai morsi della fame, mi ritornò alla mente il mio primo giorno di lavoro, …ma questa è un’altra storia.
Appena uscito, mi trovai di fronte un muro di nebbia, e l’immancabile guardia della sicurezza con tanto di sigaretta salutarmi intirizzito con un: “Fa freddo questa sera!”.
Alcuni scienziati teorizzano che frasi del tipo:”Che freddo questa sera!” o “Secondo te, oggi viene a piovere?” siano le classiche frasi per rompere il ghiaccio, …io, contrariamente agli studiosi, sostengo che esse non siano altro che proposizioni ideali di chi non sa che cazzo dire, e per un puro caso si tratta quasi sempre, di argomenti correlati a condizioni atmosferiche avverse.
“Hai ragione Tony, …spero almeno di trovare la strada di casa con questo nebbione”, risposi alla guardia, senza polemiche – “Ciao, …a domani”.
La guardia sorrise.
Non avendo molti punti di riferimento, attraversai l’immenso parcheggio ormai deserto, che circondava l’immensa palazzina che conteneva il “Notorious”, un altro centinaio di negozi, negozietti, supermercati e blasonate insegne della grande distribuzione.
Mi bastarono pochi minuti a piedi per raggiungere la fermata del bus dalla parte opposta della strada principale.
Arrivato alla pensilina, scorsi una figura in verde scuro, …eppur mi sembrava una silhouette conosciuta.
“Manuela?”, domandai a voce alta.
Fu a quel punto che notai la figura in verde scuro muoversi e avvicinarsi verso di me.
“Francesco? Sei tu?”, domandò lei, da dietro i suoi occhiali.
Ci avevo preso.
“Ciao Manu, come stai?”, le chiesi, baciandola affettuosamente.
“Bene, …un po’ infreddolita, …ma bene, e tu?”
“Stanco morto, …non vedo l’ora di tornare a casa”, le risposi visibilmente affaticato.
Manuela ed io, abitavamo agli antipodi della città, ma i nostri pullman si fermavano alla stessa fermata.
“Mi sa che sarà molto difficile, …è più di mezz’ora che aspetto che arrivi qualcosa, …ma niente”, disse lei sconsolata.
Cercando con lo sguardo qualcosa che nella nebbia potesse ricordare le luci di un mezzo pubblico, notai un foglio attaccato alla palina con del fil di ferro.
“Ah…”, dissi in tono ironico, “…ora capisco perché questa sera ci hanno dimenticati qui, nel Nebraska, …per il semplice motivo che gli autisti sono in agitazione, e le organizzazioni sindacali di categoria hanno indetto uno sciopero che terminerà solo a fine servizio”.
“Cosa?”, domandò Manuela, piuttosto sorpresa ed arrabbiata, avvicinandosi al comunicato, “Non avevo notato l’avviso, …oh no,… ma i giornali non l’avevano nemmeno accennato”
All’improvviso, il mio cervello, ancora seriamente provato dalle richieste impossibili dell’ultimo cliente, partorì un’idea.
“Se non ricordo male, …qua vicino, …ad un paio di isolati ci dovrebbe essere una stazione taxi”, proposi convinto.
“Perché no, …direi che non abbiamo altre alternative”, replicò arrendevolmente.
“Dopo di lei, …madame”.
Così facendo, ci incamminammo.
Dopo una cinquantina di passi, trascorsi nel mutismo più assoluto, decisi di infrangere il muro del silenzio.
“Allora, …che ci fa una bella ragazza come te, …tutta sola, nella nebbia d’ottobre, a quest’ora della sera?”
“Io e la mia collega abbiamo dovuto fare un inventario straordinario di alcuni capi invernali, così abbiamo dovuto fermarci dopo la chiusura e …abbiamo fatto un po’ tardi, …e tu, che scusa hai?”, domandò lei.
“Ah, …niente di che, ho pulito la moquette, riordinato l’esposizione, salvato il mondo dalla distruzione grazie ai miei superpoteri, messo al sicuro l’incasso della giornata, …insomma la solita routine”.
Feci una pausa, …e le dissi la verità: ”Cliente dalle idee molto disordinate in zona Cesarini, …ma tutto il resto è vero”.
“Sì, …è successo anche a me, …un sacco di volte”, dichiarò Manuela, sogghignando.
“Pensavo di trovare alla fermata anche la tua collega, …mi capita di incrociarla spesso”, le chiesi quasi polemico.
“Questa sera è venuta a prenderla il suo ragazzo”, disse lei con altrettanto tono.
“Quella iena di Loredana, ..si è fidanzata?”, le domandai sorpreso.
Detestavo Loredana con tutte le forze, …non come si prova avversione verso i broccoli o il gorgonzola perché puzzano, sia ben chiaro, …in ventotto anni di onorato servizio sul nostro pianeta strampalato, non mi era mai capitato di odiare con tale intensità un essere umano, tuttavia lei era senza dubbio quel che si dice una spiacevole eccezione, la quinta essenza della malvagità e del gianobifrontismo, nonché la principessa indiscussa del regno “Coltellate alla schiena”.
Manuela condivideva in gran parte le mie idee a riguardo.
“Sì, …da qualche mese esce con un tipo che ha conosciuto in una discoteca”, rispose pacatamente.
“Capisco,…”, ma intuii anche, che tornare sull’argomento Loredana, sarebbe stato come per i Ghostbusters incrociare i flussi dei loro zaini protonici, …non era nel mio stile parlare “male” di qualcuno, che tra l’altro, non era nemmeno presente, …e poi, non volevo che pensasse che fossi fissato per quell’arpia.
Ma nel cambiare discorso, le chiesi, forse inopportunamente: “E come mai il tuo fidanzato, non è venuto a prenderti questa sera?…se posso permettermi di chiedertelo”.
Manuela stava insieme ad Andrea da diversi anni, …non lo conoscevo di persona, ma voci di corridoio lo descrivevano come un “bravo ragazzo”, studente universitario, all’ultimo anno di scienze politiche e tifoso sfegatato del Napoli.
“Sta preparando un importante esame per la prossima settimana e non mi andava di disturbarlo per una sciocchezza”, rispose con tranquillità olimpica, ma i miei sensi di ragno avvertirono come una lieve inflessione nella sua voce, quasi a tradire una velata insicurezza.
Per troncare il tema “Amori in corso”, decisi di passare ad un altro argomento, grazie anche al link che mi aveva fornito l’ultima risposta di Manu.
“A proposito, …come procede il tuo anno all’Università?”
“Ho mollato un po’, …a causa del lavoro non riuscivo più a concentrarmi nello studio, così ho deciso di prendermi una pausa, …un po’ per ricaricare le batterie”, rispose abbattuta.
“Bè, per quanto può valere il mio pensiero, …mi dispiacerebbe se lasciassi la facoltà, …ti conosco abbastanza per sapere che ci tieni molto a laurearti”, le confessai, cercando di incoraggiarla a non mollare.
“Hai ragione, …e per questo ti ringrazio, …ma alla laurea ci voglio arrivare sana di mente, se sai a cosa alludo”
“Allora, …non hai speranze”, le dissi io, buttandola sul ridere.
Lei si voltò verso di me, i suoi occhi interrogativi cercarono garanzie del mio scherzo, e vedendomi sogghignare, le trovò.
“Vai a quel paese, Fra”, tuonò Manuela, tirandomi un pugno affettuoso sul braccio e sorridendo altrettanto.
Ma il mio disperato tentativo di spostare la conversazione verso altre questioni, durò solo alcuni effimeri secondi, infatti,…

“Elisa, come sta?” domandò con tono pacato e incuriosito.
…appunto.
Dopo un lieve tentennamento, risposi un po’ timidamente: ”Non saprei, …ci siamo lasciati una decina di giorni fa”.
A quella mia affermazione, Manuela smise di camminare, ma me ne accorsi solo un passo dopo e mentre mi voltai indietro, lei mi domandò stupita: “Stai scherzando?”, anche se suonò più tipo “Che diavolo stai dicendo, Willis?”
La risposta da parte mia fu secca e priva di alcuna diplomazia: “No!”
“Non ci posso credere…”, fu la sua prima considerazione, “…eravate così, …uniti”
“Curioso, …è la stessa identica cosa che ho pensato quando l’ho trovata impegnata in un incontro ravvicinato fra lingue, con un altro”
“…ah,… a questo giro sono io a dispiacermi, …mi dispiace veramente”, affermò costernata, ma sincera.
Riprendendo il nostro cammino, Manuela incominciò a scartocciare domande, …tra me e me pensai che mi avrebbe fatto bene a parlarne con una persona “very sapiens” come lei.
“Da quanto tempo stavate insieme?”
“Quasi quattro anni, …quattro lunghi anni”, risposi, facendo una leggera pausa e poi tutto d’un fiato le sfogliai in fretta tutto il Francesco Silvi pensiero: “…sai, …penso che questi quattro anni passati con quella specie di freezer con la cellulite mi siano serviti a capire che sputare l’anima, il cuore e buona parte del mio portafogli nella nostra cazzo di relazione non sia servito assolutamente a niente, se non a farmi sentire una specie di, …come si dice, …un, …volevo usare un francesismo, …insomma, un coglione galattico, …perché devi capire, che …perché mi stai guardando così?”.
Manuela aveva gli occhi sgranati e non proferiva verbo, forse per paura di interrompermi.
“No, scusami, …non volevo, …e che, ..ho smesso di seguirti a specie di freezer con la cellulite”
A quella frase detta quasi con timore da lei, scoppiai a ridere, e lei con me, …lì per lì, non mi resi conto che fosse un’espressione così buffa.
“Non per mettere il dito nella piaga, …ma, …come hai scoperto che Elisa ti tradiva?”, mi domandò senza ripensamenti.
“Nelle ultime settimane riceveva parecchie telefonate, …e svariati messaggini da Susanna, una sua amica dei tempi del liceo, …sulle prime non ci ho fatto caso, poi ha iniziato a uscire con lei, una, due, anche tre volte a settimana, …a quel punto ho incominciato a nutrire qualche dubbio, …però allo stesso tempo, non volevo passare per il classico ragazzo geloso e possessivo, che alla fine della storia rovina tutto…finchè un giorno, mi trovavo per puro caso in un discount alimentare del centro, …quando, chi ti incontro nel reparto surgelati? …Susanna”.
Al termine del mio dettagliato resoconto, Manuela intonò le prime quattro note iniziali della Quinta Sinfonia di Beethoven, …il compositore, …non il cane!
“Proprio così, …Susanna, …che mi dice che sono circa otto mesi che non si vede con Elisa”
“E a questo punto cosa hai fatto?”, domandò la mia amica.
“Bè, …mi sono comprato una confezione di pappardelle al ragù di cinghiale e ho fatto quello che avrebbe fatto qualunque ragazzo al mio posto…”
“L’hai seguita”, lei tuonò sprezzantemente.
Guardai Manuela dritta negli occhi, poi distolsi lo sguardo e dissi mestamente: “Sì”
“Che sia ben chiaro, non ne vado orgoglioso, …ma l’ho fatto, …l’ho seguita, l’ho beccata e l’ho affrontata, …a casa, appena sbollita la rabbia e la delusione”.
“Ti ha fatto male?”, chiese lei, con un tono quasi da crocerossina.
“Diciamo che avrei preferito essere azzannato da un’orda di vampiri nazisti”, risposi sfiduciato.
“Ti capisco perfettamente, non è facile parlarne, …così a caldo”, …nuovamente quella lieve inflessione nella sua voce.
A parte Roberto, il mio amico-collega, Manuela era la prima ragazza, la prima amica con cui parlavo della mia storia finita a gambe all’aria come accadde a quel tizio nella Metamorfosi di Kafka. Sentivo il dovere di aprirmi, ma il mio orgoglio ferito non era ancora pronto per rimettersi al giudizio del pubblico ludibrio.
“Mettiamola così, …per cinque minuti, Elisa mi ha vomitato addosso tutto il suo disprezzo e il suo disincantato odio che covava nei miei confronti, …poi le ho detto addio, …oppure crepa, non ricordo esattamente”, dissi concludendo.
Dopo aver pronunciato quest’ultima frase, lei appoggiò la sua mano sulla mia spalla sinistra, …mi frenò e disse con soavità: “Non mi ritengo una persona saggia, ma sono una ragazza che sa apprezzare la sincerità e l’onestà di chi sa voler bene, …la bellezza è verità, la verità bellezza, e tutto ciò che sai ed è tutto ciò che ti serve sapere”.
“Carina questa,…”, affermai stupito dal suo slancio ispirato, “…Shakespeare?”
“John Keats, …comunque un poeta inglese”, rispose con sicumera.
Fu, in quel preciso momento che sentii dentro di me, come una scossa, pervadere il mio corpo ancora raggelato dalla rigida temperatura di quella sera, …anche se a dire il vero, sulle prime la scambiai per voglia di pizza.
Senza che ce ne accorgemmo, arrivammo alla nostra sospirata stazione, dove due taxi erano pronti per accompagnarci a casa.
“Siamo arrivati, …finalmente”, dissi con un po’ di malinconia, …ma prima che Manuela salisse in auto, le domandai, senza alcuna indecisione: “Ti andrebbe domani, …di pranzare insieme?”
Serenamente, rispose: “Perché no?!?”
“Facciamo all’una da Panini&Stuzzichini”, proposi io.
“E’ quella tavola calda del quarto piano? …accanto al Discobolo, vero?”
“Sì, …proprio quella”
“Ok, …a domani e, …buonanotte”, disse lei, sporgendomi la mano in segno di intesa.
Ricambiai il saluto, “Buonanotte Manuela”, le strinsi la mano con vigore, come si fa con un vecchio amico e lei, …fugacemente, …mi baciò su una guancia.
Aspettai qualche attimo prima di montare sul secondo veicolo, desideravo scortare la sua partenza con i miei occhi, …poi l’automobile scomparve dopo una cinquantina di metri, …inghiottita dalla nebbia.
“Dove la porto, signore?”, chiese il tassista mentre salivo sul sedile posteriore, …ed io, con ancora la guancia intiepidita, risposi: “Da quella parte, …poi vediamo”.



(I fatti e i personaggi di questa storia sono stati inventati di sana pianta. Ogni riferimento a persone, fatti e luoghi è da ritenersi puramente casuale. Le idee espresse in questo romanzo non rappresentano necessariamente le opinioni dell’autore)

1 commento:

Mirtilla ha detto...

Di Caprio è sempre meglio di Jeff Bridges! :-)
Mi è piaciuto molto questo racconto, adesso voglio leggere il capitolo tre!!!!!!!!!!